mercoledì 5 novembre 2008

Legalizzatela, Parte I

Il termine marijuana si riferisce alle infiorescenze femminili essiccate delle piante di Cannabis appartenenti preferibilmente, ma non necessariamente, al genotipo THCAS (volgarmente "canapa indiana"). In tutte le varietà di canapa sono contenute in effetti, in concentrazioni e proporzioni variabili, diverse sostanze stupefacenti psicoattive, tra cui la principale è il Δ9-tetraidrocannabinolo. Le varietà da cui ricavare marijuana vengono selezionate per avere un maggiore contenuto di queste sostanze mentre il contrario avviene per le varietà coltivabili legalmente, per le quali un limite a questo contenuto viene fissato per legge. Il materiale vegetale o i preparati che contengono in misura apprezzabile sostanze psicoattive sono considerati facenti parte delle cosiddette "droghe leggere".

Gli effetti indotti dall'uso di marijuana sono svariati, hanno differente intensità a seconda del soggetto, dalle circostanze psico-fisiche in cui la si assume, e dell'assuefazione del consumatore; i principali effetti possibili sono:
-distorsione del reale (capacità recettive), sensazione di aumento delle percezioni
-attenuazione della reattività fisica e mentale
-temporaneo abbassamento della pressione sanguigna
-tendenza all'ilarità con lieve effetto euforizzante
-aumento dell'appetito, soppressione della sensazione di sazietà (comunemente detta "fame chimica")
-se assunta in ingenti quantità, nei soggetti predisposti, può provocare stati d'ansia e nausea.

Consumatori abituali riferiscono che in alcuni soggetti questi effetti tendono a scomparire o attenuarsi, probabilmente per via dell'instaurarsi di un certo grado di tolleranza specifica. Oltre all'azione cancerogena causata dal fumo indipendentemente dalla sostanza fumata, l'uso di tali sostanze può provocare, nei soggetti ove siano già presenti a livello latente, anche effetti quali:
-disorientamento e forte opacità cognitiva
-apatia (in caso di assunzione prolungata)

In quei paesi nei quali è consentito l'uso medicale di questa sostanza, si cerca di proporre all'utilizzatore l'impiego di apparecchi atti a ridurre il danno da fumo, come ad esempio vaporizzatori che evitano la combustione delle infiorescenze estraendone, comunque, i cannabinoidi.

Al pari di ogni altra molecola attiva, anche gli effetti collaterali dei cannabinoidi sono in stretta relazione col metabolismo e con le dosi assunte dal soggetto. Ad esempio: la nausea è uno degli effetti collaterali che si presenta con maggiore frequenza ad alti dosaggi, nonostante una delle applicazioni terapeutiche sia legata proprio alle proprietà antiemetiche di alcuni tra i princìpi attivi. Uno studio dei dottori Thomas F. Densona dell' University of Southern California e Mitchell Earleywineb dell' University of New York ha mostrato una diminuzione della depressione nei consumatori di cannabis.

L'assunzione di questi derivati può avere interazioni con farmaci. Un ulteriore e recente studio statunitense ha comunque escluso danni cardiaci dovuti ad un utilizzo anche non moderato dei principi attivi della canapa indica. Tale dipendenza non altera e non danneggia il sistema nervoso centrale e per tale viene chiamata "droga leggera". L'eccesso tuttavia può causare stato di debolezza e leggero rallentamento dei riflessi, nausea, vomito, e tutto ciò viene volgarmente detta "Morte bianca". La marijuana è la droga più assunta e molti paesi stanno prendendo in seria considerazione di legalizzarla (Nuova Zelanda, Svizzera). Secondo alcuni, pur senza il conforto di riscontri scientificamente validati, con l'uso cronico intensivo sarebbero possibili danni neuronali. Per contro in altri paesi come l'Olanda, anche in considerazione della forte pressione esercitata dall'esterno da alcuni Stati e di quella interna esercitata da gruppi politici conservatori, si stanno affermando i movimenti per l'illegalizzazione della marijuana rimproverano alla politica antipribizionista il mancato calo del consumo di droghe leggere e di droghe pesanti (il motivo teorico per cui si era proceduti alla legalizzazione era stato appunto spostare il consumo dalle droghe pesanti alle leggere più facilmente accessibili).

I vari effetti, come detto in precedenza, possono essere condizionati in maniera influente anche da due fattori psicologici: il set (lo stato d'animo di chi consuma) e il setting (la compagnia con cui si trova ed il luogo dove si trova il consumatore). Nel marzo 2007 la rivista scientifica The Lancet pubblica uno studio che evidenzia minore pericolosità della marijuana rispetto ad alcool, nicotina o benzodiazepine. Tuttavia in alcune nazioni, principalmente in Gran Bretagna, sono comparse alcune varietà con una concentrazione di THC superiore alla media che possono portare, in soggetti predisposti, alla comparsa sempre più frequente, tra gli effetti collaterali, di attacchi psicotici, delirio e allucinazioni complesse.

Attualmente si stanno conducendo studi sugli effetti dell'esposizione prenatale alla marijuana, che pur escludendo l'aumento di patologie perinatali (parto prematuro, basso peso alla nascita) hanno riscontrato effetti sullo sviluppo delle cellule del sistema nervoso nella corteccia prefrontale e nell'ippocampo. Clinicamente questi bambini presentano deficit dell'apprendimento, problemi della socializzazione e turbe comportamentali (simili, nei casi più gravi, alla sindrome alcolica fetale), che compaiono in età scolare.



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