lunedì 9 marzo 2009

A che serve impegnarsi tanto?

Ormai da molti mesi si legge sui giornali e si sente dire in televisione che questo è un periodo tragico per l’istruzione in Italia e che molte Università, anche di alto livello, si trovano in grossi problemi economici. Gli Atenei toscani, e quello di Siena in primis, non sono da meno; anzi, sono stati presi ad esempio come simbolo di un mondo, quello universitario, sempre più in crisi e in deficit di adeguati fondi, spesso per mala gestione.
Il nostro Ateneo, però, ha prontamente reagito cercando di varare un inconsistente piano di rientro, criticato persino da coloro i quali avevano contribuito a stilarlo, e con la costituzione di una commissione che ha il compito di rivedere la struttura dell’Ateneo di Siena e riordinare gli Organi di Governance.
La Commissione di Ateneo per la Modifica delle Regole di Governo, composta da circa 40 membri di cui 8 rappresentanti degli studenti, si è da subito adoperata con solerzia per dimostrare all’esterno quanto i suoi membri si impegnino per cambiare una situazione resa incresciosa da corporativismi, incompetenza dei singoli e cura di interessi particolari. Strano è che a mettere a posto le cose sono stati chiamati proprio coloro che per primi hanno causato il danno, presentando proposte innovative, talvolta totalmente astruse e molto spesso inutili o dannose; ma in fondo non c’è da stupirsi poiché, per citare il celeberrimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!”.
Per cui si decide di fare un Senato Accademico allargato di cui, probabilmente, faranno parte, al posto dei Presidi e dei rappresentanti di 4 Macro-Aree, i Presidenti delle Aree Didattico-Scientifiche (definite basandosi sul modello CUN/CIVR) che andranno a Sostituire le Facoltà e un Consiglio di Amministrazione “tecnico” composto da 7-9 membri, di cui 3 portatori di interessi esterni (un rappresentante della Fondazione MPS, un rappresentante espressione di Comune e Provincia e un rappresentante della Regione), 3 membri nominati dal Rettore e approvati dal Senato ed un Presidente (che potrebbe essere il Rettore stesso).
Noi crediamo che, a parte uno spreco di risorse, tempo ed energie, nonché un forte disorientamento in tutta la comunità accademica, la suddivisione dell’Università in Aree piuttosto che in Facoltà non porterà grandi vantaggi, se non forse quello di rendere più veloce l’acquisizione di fondi europei. In realtà una sostanziale differenza c’è tra le Facoltà e le Aree; mentre andrebbero a scomparire, difatti, i Consigli di Facoltà, in cui la rappresentanza studentesca è numericamente rilevante, si creerebbero nuovi organismi di Area dai quali, ci è già stato ampiamente detto, la componente studentesca sarebbe esclusa. Se sommiamo questo all’esclusione dal nuovo CdA, si va così a delineare una scomparsa degli studenti, diretti fruitori del servizio, dai più importanti organi di gestione, pianificazione e di controllo. Rimarremmo solo nei Comitati per la Didattica, ove si decide per lo più se accettare una richiesta di stage o di controllare il piano di studi di un ragazzo che cambia Corso di Laurea, nel Consiglio Studentesco, sempre più svuotato di ogni suo potereo, e nel Senato Accademico, in cui il conquistato voto di 3 studenti andrebbe a disperdersi come una goccia nel mare.
Quando abbiamo chiesto come mai i 18.000 studenti di questo Ateneo, con i loro oltre 30.000.000 di euro annui (circa il 16-17% degli introiti dell’Università), non sono portatori di interessi ci è stato risposto che, in fondo, i nostri non sono veri contributi, sono una tassa che paghiamo per ricevere un servizio che ha un ben più alto valore e che quindi dovremmo solo ringraziare di pagare 1.600 euro annui di tasse, perché in un Ateneo Privato pagheremmo ben di più. Ma per fortuna l’Università di Siena è ancora pubblica e quindi, se è per pagare così poco, forse potremmo anche rinunciare a qualche diritto, al diritto di dire la nostra su come sono gestiti i Corsi di Laurea, al diritto di controllare come vengono spesi i nostri soldi, al diritto di contribuire al miglioramento dell’Ateneo che da anni frequentiamo.
Vorrei però ricordare quante volte gli studenti hanno evidenziato scorrettezze e ingiustizie, quante volte gli studenti sono stati un limite per il dilagare dei tanto temuti interessi specifici e corporativi, quante volte la rappresentanza studentesca, da sempre ignorata e snobbata, abbia contribuito a migliorare o, quantomeno, a non far peggiorare l’alto livello di cui tanto l’Università si vanta.
Forse dovremmo chiederci se il debito deriva dal numero dei Consiglieri di Amministrazione o dal fatto che questi difendevano questo o quel gruppo di interessi; forse dovremmo chiederci se coloro che fanno parte del Senato Accademico ora non vi saranno anche in futuro, seppur con altro nome ed altra carica; forse dovremmo chiederci se il CdA sarà solo un organo tecnico e non politico, poiché composto da delegati e rappresentanti che saranno espressione, sempre e comunque, di coloro che già adesso sono presenti. Gli stessi volti e gli stessi nomi che erano in CdA e in Senato Accademico negli ultimi anni, gli anni della crisi, si riproporranno con cariche e deleghe diverse, ma finalmente senza il fastidioso brusio degli studenti.

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