sabato 4 luglio 2009

Legalizzatela, Parte VIII

Il consumo ed il commercio degli stupefacenti in Italia sono regolati da una legge del '90, la cosidetta legge Iervolino-Vassalli dal nome dei due promotori (legge n.162 del 26/6/90), poi inserita nel Testo Unico sulle Sostanze stupefacenti con decreto n.309 del 9/10/90. Questa normativa, ispirata dall'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, puniva tanto la vendita che il consumo di stupefacenti. Con il referendum del 18 aprile 1993 essa è stata in parte modificata, introducendo il principio della non punibilità per il consumatore.
In sostanza oggi è reato soltanto la vendita e la detenzione di droga per uso non personale, nonchè la coltivazione della cannabis a qualsiasi titolo (c'è però in proposito una interessante sentenza del Tribunale di Macerata); mentre per il consumatore non è previsto il carcere, ma solamente alcune sanzioni amministrative.
Le pene previste per lo spaccio sono assai severe e vanno sino ai venti anni per le cosidette droghe pesanti (eroina, cocaina) e sino ai sei anni per i derivati della cannabis.
Se è vero che la detenzione per uso personale non è prevista come reato, è altrettanto vero che la legge lascia ampi margini di discrezionalità nel giudicare se il quantitativo detenuto puó essere considerato o meno destinato all'uso personale. Nè si può dire che le recenti sentenze della Corte di Cassazione abbiano contribuito a fare chiarezza in materia.
Va inoltre ricordato che è considerato reato anche la cessione gratuita a terzi (cosidetta cessione amicale) e pertanto rischia di essere imputato per spaccio anche chi semplicemente regala uno piccolo quantitativo ad un amico o addirittura chi, come sancito da un'altra recente sentenza della Corte di Cassazione, "passa" uno spinello al proprio vicino.
Se l'uso personale è esente da pene detentive, non è peró esente da conseguenze. Chiunque venga trovato in possesso di cannabis per uso personale può infatti essere convocato davanti al prefetto o suo incaricato, sottoposto alla sospensione della patente o del passaporto per un periodo sino a quattro mesi ( n.b. nel febbraio '98 tale aspetto della normativa è stato oggetto di un'altra sentenza della Corte di Cassazione), invitato a sottoporsi ad un programma terapeutico e riabilitativo concordato con il competente servizio pubblico per le tossicodipendenze.

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